Spiagge sabbia nera: nel territorio tra Palo e Ladispoli
Una delle particolarità più note di Ladispoli è la natura della spiaggia, molto ricca di minerali di origine vulcanica che rendono la sabbia di colore scuro: nera con riflesso verde blu in alcuni punti, soprattutto verso Torre Flavia e nella zona tra il Sanguinara e Palo. Nella costa vicino Roma la spiaggia comincia a diventare scura già da Ostia, è poi più chiara a Fregene e Maccarese, ridiventa grigio-scura tra Passoscuro e Marina di San Nicola per arrivare alla tonalità nera da San Nicola fino a Santa Severa, dove si interrompe bruscamente a nord del Castello.
Il motivo di questo colore davvero particolare è la presenza di crateri vulcanici, ormai diventati laghi, nel retroterra: se per le spiagge più vicine al Tevere si può pensare all’apporto degli ex bacini vulcanici dei laghi di Nemi e di Albano, per il litorale laziale di Ladispoli fino a Santa Severa sicuramente i minerali ferrosi sono stati trasportati nei millenni dal lago di Bracciano,
sia attraverso i corsi d’acqua di superficie, sia dalla falda sotterranea. Oltre a questo si può ipotizzare anche il ruolo del moto ondoso sui fondali rocciosi presenti alle basse profondità.
Se quindi l’effetto dei vulcani, spenti o ancora di più in attività, è fondamentale per la presenza di minerali ferrosi, è naturale che spiagge nere siano frequenti in Italia, terra ricca di vulcani, così come in altri luoghi del mondo ove si sono verificate le stesse condizioni.
Troviamo quindi spiagge nere nelle Eolie: a Stromboli, dove è famosa quella di Ficogrande, a Vulcano, a Lipari e a Salina mentre altre spiagge nere si trovano all’isola d’Elba (spiaggia di Acquarilli a Capolinaro), a Maratea (spiaggia di Cala Jannita).
Spiagge sabbia nera: allargando l’orizzonte, in Grecia c’è la spiaggia di Perissa a Santorini,
mentre le spiagge nere più grandi e famose sono a Tenerife, a Bali, in Indonesia e soprattutto a Thaiti. Tornando a Ladispoli, ed in particolare nel tratto di costa che arriva fino a Santa Severa, come abbiamo detto l’influsso che ha determinato questo fenomeno è quello del bacino del lago di Bracciano, enorme vulcano fino a qualche milione di anni fa: questo spiega perchè, appena superata l’area del bacino idrogeologico delle acque che dal lago vanno verso il mare, la sabbia cambia colore. La caratteristica della sabbia nera di Ladispoli, nota naturalmente sin dall’antichità, ebbe una fase di particolare attenzione quanto l’Italia fu sottoposta alle cosiddette Sanzioni, le misure di blocco delle importazioni decise dalla Società delle Nazioni nel novembre del 1935, dopo l’aggressione delle truppe italiane all’Etiopia. Dovendo cercare forzatamente risorse nazionali interne, dopo aver fatto ricorso a tutto il ferro già presente nelle miniere e dopo aver portato nelle fonderie tutto il materiale in ferro possibile, in Italia si pensò di estrarre questo minerale dalle sabbie nere, ricche di magnetite: si iniziò nel 1939 ad Ostia e a Ladispoli e si allargò poi la tecnica ad altre spiagge italiane.
Ladispoli fu un punto particolarmente ricco per l’estrazione
tanto che l’agenzia giornalistica di Roma Vedo, nel marzo del 1940, intitolava così un suo servizio: Una conquista autarchica: il ferro di Ladispoli. A Ladispoli infatti erano stati realizzati gli impianti più redditizi, consistenti in grandi magneti che attiravano appunto la parte ferrosa della sabbia separandola da quella non utile.
La componente ferrosa, una volta estratta, veniva portata con dei carrelli su piccole rotaie simili a quelli delle miniere verso due punti di accumulo, uno a Torre Flavia e uno posto nell’attuale Marina di Palo.
Il punto di carico era poi lo scalo merci di Palo Laziale, in quel periodo molto attivo: da lì la sabbia ferrosa arrivava alle acciaierie di Terni, allora di proprietà della Breda. L’estrazione del ferro dalla spiaggia di Ladispoli durò per più di 25 anni: documenti degli archivi delle acciaierie di Terni del 1960 quantificavano l’estensione del “giacimento” e le quantità di sabbia trasportata.
La concessione dello Stato alle acciaierie, in base a questa documentazione, era valida per due chilometri di spiaggia e portò all’estrazione di circa 30 mila tonnellate di sabbia ferrosa negli anni tra il 1953 ed il 1958, periodo nel quale gli impianti per l’estrazione erano addirittura quattro, posti tra Torre Flavia e a Marina di Palo.
La relazione della Breda di Terni parla di Concessione mineraria a rigenerazione per moto ondoso, ma non sappiamo quanto il moto ondoso abbia potuto rigenerare la spiaggia di Ladispoli, già a quell’epoca sottoposta ad una forte erosione, soprattutto proprio nella parte di Torre Flavia dove purtroppo era più forte lo sfruttamento.
Finita fortunatamente con gli anni ‘60 l’attività estrattiva
la spiaggia nera cominciò a diventare famosa come Spiaggia della salute, grazie ad un fortunato slogan coniato dalla Proloco ma soprattutto grazie alla nascente moda delle sabbiature, la pratica medica consistente nel far assorbire dalle articolazioni del corpo il calore sprigionato dalla sabbia riscaldata dal sole.
La sabbia nera naturalmente è in grado di assorbire più calore rispetto a quella chiara e Ladispoli per questo diventò in quegli anni il luogo più frequentato, sia da malati affetti da malattie croniche delle articolazioni sia da sportivi che dovevano guarire in fretta da traumatismi.
Negli ultimi decenni questa indicazione è stata quasi abbandonata da parte degli ortopedici e dei fisioterapisti e le sabbiature sono diventate una rarità nella pratica del turismo balneare di Ladispoli, così come delle altre località italiane con la spiaggia nera.
Resta comunque l’attenzione e la curiosità, anche scientifica, per la spiaggia più nera dell’Italia Centrale, se alcuni studiosi e ricercatori del Centro Albert Einstein per la Fisica Fondamentale di Berna hanno pensato di esaminare con le tecniche più moderne proprio la sabbia di Ladispoli.
Lo studio, realizzato dai ricercatori Olivier Pelleginelli e Karl Krame sotto la direzione del prof. Saverio Braccini, pubblicato dal World Journal of Nuclear Science and Tecnology nell’aprile del 2013, è il primo realizzato su sabbia di spiagge del Mediterraneo in quanto quelli precedenti avevano riguardato sabbie del Mar Nero e della Costa Rica.
Le analisi dell’istituto svizzero confermano le grandi percentuali di magnetite già rilevate nello studio dei tecnici di Terni, che allora parlavano del 62% del totale: nel 2013 la percentuale trovata dai ricercatori svizzeri è addirittura dell’87% tra magnetite, ilmenite ed ematite su un campione prelevato a Torre Flavia. Una percentuale altissima che conferma la grande particolarità della spiaggia di Ladispoli.
Spiagge sabbia nera: nel territorio tra Palo e Ladispoli
Per determinare i minerali ferrosi che compongono la sabbia, i ricercatori di Berna hanno utilizzato una tecnica basata su fenomeni di fisica nucleare. Si possono determinare così le frequenze caratteristiche di vibrazione dei nuclei di ferro della sabbia e da queste poi risalire ai minerali che la compongono.
Questo metodo, chiamato spettroscopia Mössbauer dal nome dello scopritore premio Nobel nel 1961, è caratterizzato da una precisione strabiliante. E’ come misurare la distanza tra Roma e New York con una precisione superiore al diametro di un capello.
Attraverso questo metodo si è potuto appurare che la sabbia di Ladispoli è costituita in gran parte da due forme diverse di magnetite e da altri minerali come la ematite e la ilmenite. Questi ultimi due minerali sono stati osservati con questo metodo solo nella sabbia di Ladispoli.
Tratto dal libro “Ladispoli – Un lungo viaggio nel tempo” – Volume 2 – Identità e Cultura – Edizioni CISU –
Crescenzo Paliotta
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